Può il governo Meloni sanare i conti e rilanciare in modo strutturale la crescita dell’Italia
Il Presidente del Consiglio Meloni ha una grande opportunità, ma deve sorpassare due ostacoli formidabili per coglierla.
La grande opportunità deriva dai successi elettorali del suo partito, prima in Italia e ora in Europa, che hanno consolidato la sua leadership all’interno della coalizione di governo e in tutto il paese, e dal ruolo che le si è aperto in Europa, anche se non è ancora chiaro come lo svolgerà. Ora, potenzialmente, ha la forza di sorpassare le resistenze che ostacolano le riforme di cui il paese ha bisogno.
Nei contenuti, la grande opportunità è quella di mettere l’economia Italiana su un sentiero di crescita sostenibile e così risolvere il problema del debito pubblico e affrontare efficacemente quello della povertà.
La crescita stentata è il grave problema economico e sociale dell’Italia, che nell’ultimo quarto di secolo è cresciuta attorno allo 0,5 per cento in media all’anno. La Spagna, un paese del sud Europa che ha adottato l’euro allo stesso tempo dell’Italia, è cresciuta nello stesso periodo di quasi l’l,8 per cento in media all’anno. Simile è stato il divario nella crescita del redito pro capite tra i due paesi, tanto che quello spagnolo si è avvicinato a quello italiano.
Per il controllo del debito, soprattutto in relazione al reddito nazionale, l’attenzione si focalizza troppo spesso sull’andamento della finanza pubblica e troppo poco su quello del reddito: un esercizio meccanico, che trascura il fatto che maggiore crescita avrebbe ridotto il deficit anno dopo anno, mostra che il rapporto Debito/Reddito sarebbe attualmente il 126 per cento, invece del 140 per cento, se l’Italia fosse cresciuta come la Spagna.
L’Italia è paradossalmente un paese ancora ricco che ha un problema crescente di povertà: il tasso di rischio di povertà in Italia è del 20,3 %, il settimo più alto tra i 27 paesi dell’Unione Europea, dove è in media del 16 per cento, e l’incidenza della povertà assoluta familiare è cresciuta in Italia di circa un terzo, dal 6,2 all’8,5 per cento tra il 2014 ed il 2023. Una maggiore crescita genererebbe le risorse per affrontare con decisione il problema della povertà.
I due ostacoli, che rendono difficile al Presidente del Consiglio Meloni cogliere l’opportunità che le si apre, sono la pochezza del personale politico che la circonda e, ancora più grave, l’ideologia da cui proviene, che ha pesanti risvolti economici.
Come è stato osservato da molti, il personale politico sui cui può fare conto è di scarsa qualita, e la volontà di un intellettuale come l’ex direttore degli Uffizi e attuale direttore del museo di Capodimonte, Elke Schmidt, a candidarsi per la coalizione di centro destra a sindaco di Firenze colpisce per la sua eccezionalità piuttosto che rassicurare sulla disponibilità di personale preparato.
Il Presidente del Consiglio Meloni ha, nei fatti, una chiara origine ideologica che prevede statalismo, protezionismo e corporatismo e gli elettori l’hanno scelta consapevoli di questi valori, che sono il contrario di quello che serve all’Italia per uscire dalla sua ultradecennale stagnazione. La speranza di una crescita sostenuta ha bisogno di più concorrenza, soprattutto nei servizi, più apertura all’estero, per esempio nell’incentivare l’ingresso del capitale straniero, più immigrazione, come risposta all’invecchiamento e alla diminuzione della popolazione, un mercato dei capitali che favorisca la maggiore dimensione delle imprese, una composizione delle entrate e della spesa pubbliche che favorisca la crescita, ad esempio riducendo le tasse sul lavoro e compensando il minor gettito con maggiori imposte sulle case, un’azione incisiva che riduca i disincentivi alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Purtroppo, l’impostazione anti concorrenziale del governo non si trova solo nella sua origine ideologica, ma anche nelle sue decisioni di politica economica. La direttiva Bolkenstein della UE, recepita nel 2010 in Italia, ancora non trova attuazione, nonostante i ripetuti richiami, incluso quello del Consiglio di Stato italiano: il governo si rifiuta di introdurre concorrenza nelle concessioni demaniali per gli stabilimenti balneari. Il governo vuole approvare misure che renderebbero non economica l’installazione di pannelli solari in campagna, pregiudicando l’obiettivo di abbandonare i combustibili fossili nel 2030. Si delinea l’ennesima amnistia fiscale per i cosiddetti crediti inesigibili, prolungando una lunga serie di provvedimenti che incentivano l’evasione fiscale. Il governo si è preoccupato di limitare le scelte alimentari degli italiani proibendo la cosiddetta carne sintetica, prodotto in ogni caso di probabile scarso successo commerciale.
È un peccato, ma l’opportunità di una positiva svolta economica è difficile da cogliere.